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RECENSIONI DEL PROF. E STORICO D'ARTE ALDO MARIA PERO
PATRIZIA TESTONI "PATRIZIONI"
L'opera della ferrarese Patrizia Testoni è la palese dimostrazione che in primo luogo l'arte è istinto, un istinto che attraverso misteriose vie si manifesta quasi sempre sin dalla prima infanzia per poi maturare, se debitamente coltivato, nei risultati della maturità. Tale affermazione è di per sé banale, tanti sono i casi che ne dimostrano la fondatezza, ma nel caso di Patrizioni, questo il suo nome d'arte, occorre procedere oltre per osservare che la sua istintività non si limita al saper dipingere perché va ben oltre, sino a modificare le buone regole della tradizionale pittura di paesaggio. Quanto era un impulso puramente vocazionale si è trasformato negli anni in una procedura consapevole che ha finito per porla in una posizione intermedia fra un impressionismo spiritualistico ed un espressionismo risentito. Il risultato è costituito da una realtà reinterpretata con intervento radicale che sa intervenire sulla realtà e farla consentanea del proprio spirito senza tuttavia trasformarla. Così inserisce nel mondo che cade sotto la sua osservazione la proiezione di un patrimonio di idee, di fremiti, di vibrazioni, di entusiasmi e di melanconie. Gli orizzonti della campagna ferrarese, gli alberi, i voli d'uccelli, i viottoli e i campi coltivati dall'umana fatica diventano, quadro dopo quadro, la terra, gli alberi e i casolari di Patrizia, sono un hortus conclusus cui si può accedere solo se l'osservatore è in grado di porsi in sintonia con l'autrice.
A partire dal momento in cui tale personalizzazione della realtà non le è più bastata, Patrizia è passata senza forzature ad un surrealismo sui generis che ha sinora individuato almeno tre momenti di adeguazione fra segno e poetica: "Punto di rottura" e i due contatti con la luna ("L'albero e la luna" e "La notte della luna rossa"). Nel primo si passa, come in racconto di Edgard Allan Poe, da una concreta realtà arborea ad un caliginoso brano urbanistico; nel secondo una pallida e perplessa luna viene trascinata verso terra da un cappio formato dagli avvinghiati rami di un pioppo; nel terzo una luna invisibile ma rosseggiante sui terrestri piani sembra proporre in termini figurativi una leggenda degli indiani delle grandi pianure americane, la "luna comanche", preannuncio di una notte di terrore in attesa della manifestazione di oscure e malefiche presenze.
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