PATRIZIA TESTONI AUTORITRATTO
PRESENTAZIONE ALDO MARIA PERO
Pubblicato il 19/set/2014
Licinia Visconti ha allestito il video rappresentativo dell’arte di Patrizia Testoni allo scopo di dimostrare che il suo rapporto con la pittura è drammatico perché costituisce il tramite di una complessa triangolazione fra se stessa, il proprio ego e la vita che spesso le si presenta come tormento al quale cerca di sfuggire dipingendo. Inutile cercare di inquadrare la sua opera in uno stile. I suoi quadri, come quelli di Frida Kahlo, costituiscono una testimonianza della sua intimità che emerge con sgomenti, tremori e momenti di violenta ribellione verso una condizione umana che sopporta a stento. Patrizia è costretta ad essere quel che non vorrebbe e nell'atto di affrontare la tela libera energie nascoste di inaudita intensità che si configurano in una sorta di autobiografismo pittorico, quello stesso che aveva costituito la materia prima della pittrice messicana, ma che si stemperano, almeno in superficie, nelle atmosfere care a Vincent van Gogh, anche lui vittima di un disperato disagio esistenziale. Che per anni l'artista ferrarese abbia seguito un cammino figurativo che la apparenta all'infelice pittore olandese non significa una dipendenza ma un semplice vincolo di fedeltà ad una scelta che la appaga e allo stesso tempo la strazia inducendola ad operare quasi in trance su tele che vengono aggredite dalle ragioni dell'anima con colori violenti, con pennelli mozzati e usati a colpire piuttosto che a sfiorare la tela. Se in tempi recenti ha ceduto ad un cupo espressionismo o ha sfiorato il surrealismo, può ripetere con la Kahlo che in realtà la propria opera non è inquadrabile in nessun movimento perché tesa ad esprimere solo se stessa: la messicana con diretto riferimento al proprio corpo, lei trasferendo ire, passioni e languori nel paesaggio che la circonda e che rappresenta un limite alla propria libertà. Potremmo dire che è una Kahlo nelle intenzioni e un emulo vangoghiano nello stile.
L'inquietudine la porta costantemente all'eccesso: i suoi cipressi sono linee di tensione avvolte su se stesse e sembrano fremere di vita segreta, le strade che corrono tra filari di alberi paiono condurre verso oscure regioni dell'infinito, i gabbiani che remeggiano fra terra e mare sono fantasmi di anime perdute, le notti sono cariche di mistero e di oscuri, incombenti presagi, sorpresi al risveglio improvviso da un sonno tormentato da incubi.
Spesso il meriggio domina la sua fantasia e allora inventa campi gialli di grano maturo e case rosseggianti come giganteschi papaveri emergenti sulle messi. Su tutto grava il silenzio di un pensiero attonito che si arresta sulla soglia del dialogo per l'incapacità di dire l'inesprimibile.
Patrizia si sforza di uscire da tanti così stringenti vincoli e alza gli occhi al cielo, rifuggendo la violenza del giorno. E s'incanta mirando la regina della notte, quella notte che da sempre i poeti hanno invocato a rimedio delle loro ferite e dei loro cuori straziati, ma non trova consolazione alcuna, ché, anzi, finisce per ironizzare sulle proprie illusioni tanto da fingere di catturare la luna con una lunga corda e trascinarla sopra il suo capo. Il sogno finisce in un'immagine bella, ma che qui sembra ridursi ad un momento di sagra campagnola con quella luna piena che pare un palloncino da fiera nel tentativo di sdrammatizzare la scena.
Donna di carattere dolce, forte ma indifesa di fronte alla miseria del quotidiano, Patrizia Testoni ha, come Vincent van Gogh, come Giacomo Leopardi, come Nikolaus Lenau ceduto campo alla vita per trovare conforto nelle regioni dello spirito.
Aldo Maria Pero, settembre 2014
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